Quando la moda si serve dell’arte per reinventarsi: da Milano a Parigi, le Fashion Week dal tocco d’artista

di Francesca Pastoressa

Quello tra la moda e l’arte è un sodalizio che vive da quando se ne ha memoria. Se non si riesce a considerare la moda come una delle varie forme che l’arte può assumere, quantomeno non si potrà negare quanto entrambi i mondi sembrano da sempre scambiarsi idee, espressioni ed energie: l’arte nella sua ricerca di accessibilità ai non addetti al settore, la moda che a fatica cerca un linguaggio che la elevi agli occhi di chi ancora la considera un futile vezzo confinato nell’interesse di chi bada solo alle apparenze. Ciò che purtroppo in pochi riescono a cogliere della moda, è il suo essere la forma forse più materiale dei tempi che attraversa, un’estetica ed efficace metafora della realtà. In un periodo storico come quello che stiamo vivendo – tra guerre, pandemie, crisi climatiche ed economiche – la moda non è rimasta indifferente e si è fatta carico di un presente quanto mai difficile, portandolo sulle passerelle, che ormai da tempo hanno perso la loro funzione originaria di narrazione della moda fine a sé stessa, diventando un mezzo di comunicazione straordinario. Per assolvere a questo compito, il fashion system ha dovuto reinventarsi e impadronirsi di nuovi linguaggi, come quello immediato ed efficacissimo delle arti. In questa nuova ottica, le sfilate diventano dei veri e propri tableau vivant, in cui viene posta attenzione su ogni dettaglio di contorno, attirandosi ora le critiche di chi, al contrario, crede che il focus si stia spostando un po’ troppo sui fronzoli accessori che non sui vestiti stessi, che dovrebbero rimanere l’assoluta priorità.

Ma la realtà, ad oggi, ahimè per i conservatori, è questa. Non lasciamo che la teoria rimanga solo teoria. L’ultimo Fashion Month, il primo di reale ripresa per un settore messo in stand-by durante la pandemia, ci ha regalato significativi momenti di dialogo tra moda e arte che rendono concretamente quanto i due mondi ormai siano entrati in sinergia, forse più che in passato e, si auspica, meno che in futuro.

L’ABITO SPRAY DI COPERNI

L’arte contemporanea ha preso forma attraverso la moda grazie a Sebastian Mayer e Arnauld Villant, direttori creativi del brand parigino Coperni che, sbancando i media, ci hanno fatto vivere uno dei momenti più iconici della Paris Fashion Week. Un’eterea Bella Hadid, vestita di niente e posta al centro dello spazio, ha lasciato che sul suo corpo fosse vaporizzata una vernice biancastra che subito dopo, sotto lo sguardo incredulo del pubblico, si è trasformata nel tessuto di un impeccabile long dress bianco.

La responsabile del design di Coperni, Charlotte Raymond, per fugare ogni dubbio, ha sistemato le spalline in un elegante scollo e realizzato uno spacco laterale all’altezza della coscia, donando movimento e armonia al vestito e dimostrando così che si trattasse di un vero e proprio capo d’abbigliamento e non di semplice make-up. Ed ecco che moda, arte e tecnica, in un esercizio senza precedenti, si sono intrecciati per realizzare il primo abito spray prêt-à-porter della storia del costume. Agli occhi dei più attenti non è sfuggita la somiglianza tra la sfilata di Coperni e il leggendario show di Alexander McQueen per la presentazione della collezione SS 1999 che, sul finale, vide la supermodel Shalom Harlow in piedi su una piattaforma roteante combattere in uno sforzo quasi teatrale contro due braccia robotiche che spruzzavano sul vestito bianco a balze che indossava una vernice spray grigia e verde.

GAETANO PESCE PER BOTTEGA VENETA

Con l’idea di avere tutto il mondo in una stanza, per sua stessa ammissione, Matthieu Blazy da Bottega Veneta ha deciso di accompagnare la collezione SS22 presentata durante l’ultima Milano Fashion Week alle creazioni del designer Gaetano Pesce. Come rappresentare al meglio il mondo in una stanza con i mezzi posseduti da un designer? Con delle sedie. Ribattezzate con il nome Come stai?, le quattrocento sedute in resina realizzate da Pesce si presentano con una struttura solida, dalle linee rigorose ed essenziali, a cui si contrappongono la vivacità delle tinte e la singolare irregolarità delle fantasie che ne caratterizzano la superficie.

Tutte uguali ma tutte diverse, le creazioni del designer hanno donato colore alle mura spoglie e grige del set dello show milanese, alimentando simbolicamente il dialogo tra moda e design sulla base di un ideale comune: comunicare la forza dalla diversità dell’individuo, che deve fare della sua identità il suo abito più bello. Ed è questo il motto dell’operato di questa liaison creativa che corre lungo la passerella, anche questa di resina, colorata e ideata da Pesce: «Questo spazio è un omaggio alla diversità. […] Siamo tutti diversi e questa è la nostra qualità migliore che ci contraddistingue, altrimenti siamo solo una copia.»

IL “MUD SHOW” DI BALENCIAGA

Nessuno più di Demna Gvasalia per Balenciaga ha ben chiaro quanto il ricorso alle arti e a quelli che prima abbiamo definito sarcasticamente ‘fronzoli’, siano ormai componenti essenziali ed imprescindibili. Tutto nelle sue sfilate, dalla scenografia da film, alla musica, all’attitudine dei modelli, fino ad arrivare alle parole che è solito lasciare sui seats dei suoi ospiti, ci raccontano di un nuovo modo di fare moda, più interattivo e a tratti eccessivamente didascalico.

Anche per la presentazione della collezione SS23 Demna ha accolto il suo pubblico all’interno di un gigantesco e totalizzante set, nato con la collaborazione dell’artista spagnolo Santiago Sierra, noto per le sue opera di denuncia. L’atmosfera post-apocalittica di questo Mud Show, con montagne di fango ai lati delle pareti e sulla passerella e un forte odore di terra bagnata – ottenuto grazie ad un profumo realizzato da Sissel Tolaas, artista e ricercatrice norvegese – la sfilata ha voluto essere una tangibile metafora di una ricerca della verità che ci spinge a scavare fino ai confini della terra, in un mondo in cui ogni giorno è un campo di battaglia per difendere la nostra identità, riscoprendo la bellezza di essere unici e tutti diversi.

Del resto, quest’ultimo show sembra essere anche il seguito naturale ed inevitabile di un racconto iniziato lo scorso marzo, quando, per presentare il guardaroba FW22, la forza comunicativa di Balenciaga arrivò fino alla realizzazione di un triste omaggio alla guerra in Ucraina, con modelli che sfilavano combattendo contro una tempesta di vento e neve, anche questa volta in un autentico set. E cosa rimane quando la neve si scioglie, se non il fango che ha invaso il gigantesco Parc des Expositions de Villapinte che ha ospitato la sfilata di settembre?

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