“La Bellezza della Fragilità”: collettiva d’arte presso Asteria Space: apertura straordinaria il 21 giugno

<<Gli artisti più fragili non sono davvero i più deboli…la fragilità permette di scoprire la meraviglia e fa percepire la bellezza delle cose. In questo periodo la collettività umana ha vissuto e continua a vivere un tempo di grande fragilità che ha segnato il nostro presente e la nostra anima. Non è un caso, dunque, che il tema scelto per la mostra collettiva sia stato quello della fragilità di cui abbiamo scoperto un’inattesa bellezza declinata da ogni artista in una varietà di forme che hanno trasmesso un’interiorizzazione e un’interpretazione del tema con una sensibilità e una poetica particolarmente originali. Gli artisti presenti sono giunti a definire la fragilità come una virtù che non va nascosta ma mostrata e accettata perché fa parte della natura umana e aiuta l’uomo a scoprire la sua vera identità, libera da tutte le maschere e da tutte le costrizioni. Nel contesto in cui viviamo che tende ad esaltare la forza, la perfezione, e la velocità possono essere proprio gli artisti a dimostrare la bellezza della fragilità con la loro arte e la loro unicità. Sono proprio i 21 artisti presenti alla mostra, i veri protagonisti di questa sfida che hanno accolto questo messaggio facendolo proprio. Si tratta di artisti visivi giovani ma con una grande maturità artistica e una notevole perizia tecnica che si sono espressi attraverso molteplici forme artistiche quali la fotografia, la scultura, la pittura, l’illustrazione, la grafica e il collage; espressione della nostra terra, essa stessa simbolo emblematico di fragilità e bellezza che, come loro, guarda con fiducia al futuro>>

(M. Chiara De Gennaro – curatrice)

LE OPERE IN MOSTRA

Emanuela Bellisario – “Raccoglimento”


Illustra un momento di auto-consolazione e conforto avvenuto nel primo lockdown della pandemia. L’opera rappresenta una figura che si rannicchia in un abbraccio con se stessa per “raccogliere” e stringere forte la propria fragilità, determinata dall’intreccio di sentimenti quali la solitudine, la desolazione e l’impotenza.

Floriana Savino – “A fior di pelle. Il sensibile che non sta quieto”


Nessuna cicatrice; è solo luce che bacia la sua superficie
Opera sensoriale, che stimola la vista ed incita al tatto. Come esperienza, come conoscenza. Il rame è donna. Il rame si può ben definire il più antico metallo utilizzato dall’uomo. Nella mitologia e nell’alchimia è stato associato alla dea Afrodite/Venere per via del suo aspetto lucente e per la principale zona estrattiva, Cipro, isola tanto cara alla dea. Il simbolo poi impiegato dagli alchimisti nel ‘500 per rappresentare il rame è identico a quello usato dagli astrologi per rappresentare il pianeta Venere. Il simbolo di Venere è composto da un cerchio e una croce a braccia uguali che visivamente indicano i due livelli, spirituale e materiale. Il cerchio ricorda la natura inclusiva dell’universo, nel quale nulla viene escluso e tutto è armonicamente connesso.

Dorotea Sportelli – “Inverno”


Il titolo rimanda all’utilizzo prevalente di colori freddi come l’azzurro e alla fissità della posa. Vi è un cenno di sorriso ma gli occhi sono vitrei e stanchi. Sinceramente non ricordo il momento esatto in cui l’ho dipinto ma l’aver messo in evidenzia alcuni punti come le clavicole sporgenti credo che inconsciamente abbia rimandato a periodi passati di deperimento fisico che talvolta riemergono in sottili momenti quasi nostalgici.

Sergio de Ceglia – “Memoria di fronte al tempo”


Un vaso di fiori finti sul davanzale di una finestra antica, manca il nutrimento. L’acqua si posa sui petali e continua a nutrire un tessuto che non si degrada, se non nei suoi colori sbiaditi.
Metafora della memoria di fronte al tempo.

Mino Carriere – “Groviglio interno”


Con l’opera “Groviglio Interno”, racconto il percorso di un uomo abituato a uno spazio buio, attirato e accecato dalla luce proveniente da un altro spazio. La cerca, la vuole, si dispera, spera di trovare la soluzione, capisce che forse è proprio l’ombra che lo aiuta a vedere la luce, capisce che questa tempera la luce. Indago lo spazio, il tempo, la luce e l’ombra, il dramma, il corpo, la carne e la materia. La trasformazione è in atto, la fine non esiste.

Michela Sarrocco – “Donna Invisibile”


C’è un posto dove la vita e la morte sono la stessa cosa. Li dove il colore è trasparente. Invisibile.
La fragilità è un dolore coraggioso.

Alessandro de Leo – “Dissoluzione”


Nei mesi di isolamento forzato non abbiamo avuto possibilità di scelta. Nessuna interazione fisica, rapporti sociali drasticamente ridimensionati, la finestra sul mondo è diventata per davvero una finestra. Volenti o nolenti. La fase successiva è molto meno definita, a partire dalle sue varie denominazioni: fase 2, fase 3… Il maggior senso di indefinitezza lo viviamo nei rapporti sociali, nel lavoro, nella nostra identità. Da quando ci è stato concesso d’aprire la porta di casa siamo stati accecati da una luce sconosciuta; tutto è indefinito, il nostro ruolo, il ruolo degli altri, la nostra stessa identità ne è compromessa. Gli occhi non si abituano a questa luce di cui siamo stati privati per mesi: è cambiata la luce o sono cambiati i nostri occhi? Ci si è spalancato il mondo, un mondo nuovo e sconosciuto, col quale non sappiamo come interagire, come vivere, come abitare; i rapporti interpersonali sono permeati da un costante senso di incertezza, dal timore di poter arrecare e subire danno. Mostrare il proprio volto è diventato un gesto di estrema fiducia, un affidarsi totalmente all’altro, un gesto ancor più intimo di quanto potesse significare mostrarsi nudi. Non sono ancora pronto a tutto questo, non riesco ancora ad aprire del tutto gli occhi, le mie pupille sono ancora troppo dilatate, abituate ai mesi di buio. So che il mio posto “deve” essere qui, in questa luce che mi acceca, ma è tutto troppo indefinito e pericoloso, voglio tornare al sicuro al buio.

Davide di Lauro – “Bacco di cotone”


Questo dipinto rappresenta dei rami di fiori di cotone. Mi piace sottolineare piccole cose che abbiamo nel nostro quotidiano per esaltarle, ad esempio una vecchia foto, una panchina, un fiore come in questo caso. Spero di riuscire a far comprendere la bellezza e la fragilità delle piccole cose che ci circondano ogni giorno.

Giuseppe Ghiro – “Il fu Giuseppe Ghiro”


Ripercorrere il romanzo “Il fu Mattia Pascal”. Entrando in un mio sogno, mi sono accorto di esser morto, ma morto per il mondo tranne che per me stesso. Decido così di vivere la vita dei miei sogni che passa dalla razionalità del quieto vivere alla irrazionalità artistica, senza freni e limiti. Il mio corpo diventa così la mia anima. L’arte.

Gianvito Chiapparino – “Violenza”


Mani che difendono, mani che aggrediscono, mani che allontanano; il vuoto lasciato all’interno di un’anima fragile.

Marika Grimaldi – “Tomorrow”


La descrizione di un attimo, così fuggente ai loro occhi, inconsapevoli di ciò che la vita potrebbe aver in serbo per loro. Ed è proprio in questa incertezza del futuro, persi dietro un orizzonte, che si abbracciano tenendosi stretti e ricordando che il qui ed ora è l’alba della loro vita.

Paolo Notaristefano – “Albedo serie”


La fragilità della luce, del suo scorrere nel tempo e nel suo creare l’illusione della realtà.

Teresa Chimienti – “Essenza”


Il progetto rappresenta un primo punto di arrivo di un personale percorso di ricerca sul corpo umano, dalla sua rappresentazione a ciò che esso rappresenta per me. Inevitabilmente questa ricerca si è scontrata con il rapporto conflittuale che da sempre mi lega al mio corpo; da questo è scaturito un bisogno di liberarmi dal superfluo, da un corpo che ingabbia.
Ecco che la carne si dissolve, si supera l’ostacolo materico così da arrivare alla sintesi più pura; non restano che linee fragili, instabili, che corrono parallele l’una alle altre. Queste linee presentano, però, grovigli di tormenti e vibrazioni a livello mentale, sentimentale e sessuale, che fanno sì che, sebbene parallele, esse tendano sempre verso l’altro che rappresenta una via d’uscita dal labirinto interiore. Un labirinto nel quale perdersi e ritrovarsi, scoprendo nell’essenza, la bellezza. Per dare forma a questa idea ho scelto di utilizzare il metallo, in particolare ferro, acciaio e ottone. Ad ogni scultura è collegata una lastra, rispettivamente di ottone, ferro e acciaio, sulla quale ho rappresentato quel bisogno di liberazione dal corpo, la rottura che ha permesso di arrivare all’essenza, Partendo da fotografie di frammenti del mio corpo, ho impresso sulla lastra una rappresentazione personale, intrecciata alle diverse e contrastanti emozioni che provo guardando questi frammenti. Per rappresentarle sulla lastra ho utilizzato degli acidi appositi, attraverso stratificazioni e diversi tempi di posa; per poi intervenire con colori ad olio e incisioni.

Mengdi Lei – “Ti abbraccia”


Le persone sono abituate a nascondere la propria vulnerabilità, ma penso che questo sentimento non debba essere nascosto, ma debba essere mostrato e accettato, perché fa parte della natura umana e aiuta l’uomo a scoprire la sua vera identità, libera da tutte le maschere e da tutte le costrizioni. In questo periodo la collettività umana ha vissuto e continua a vivere un tempo di grande fragilità che ha segnato il nostro presente e la nostra anima. L’opera è stata creata quando ero in uno stato di estrema confusione.  Il lavoro riflette il mio pensiero sul dolore e sull’auto salvataggio in una fase di recessione, ed è il mio pensiero sui sentimenti più sottili tra le persone.  Ho affidato il mio dolore interiore a “Ti abbraccia “, ma allo stesso tempo è accompagnato da speranza e da calorose aspettative. A volte le persone che soffrono di contrattempi non vogliono altro che un abbraccio d’amore.  Con la speranza nel mio cuore, credo nell’amore e il mondo finalmente aprirà di nuovo il suo caldo abbraccio, guarda con fiducia al futuro.

Manhei Chan – “Io ci sono e non ci sono”


Quest’opera che realizzo nel 2021 racconta lo scheletro di un animale marino. È realizzato con acrilico su un pezzo di plexiglass, sia per chiamare il tema “fragilità’”, sia per realizzare il mio studio sui materiali e sulla comunicazione tra l’opera e lo spazio. Uno scheletro ci racconta la morte ma anche l’esistenza di una vita passata. È così fragile che deve essere montato. Gli ho dato un titolo “io ci sono e non ci sono”, per l’esistenza sè stessa che è fragile ma eternale. La bellezza, la meraviglia di una vita si troverà nella sua fragilità ma anche nella liberazione dalla propria forma.

Rossana Spadavecchia – “Maneater”


‘Maneater’, performance progettata da Rossana Spadavecchia per il corso di Decorazione (Moda e Design) del Prof. M. Giangrande e svolta durante il vernissage dell’esposizione ‘Maremostrum’ (maggio 2018, galleria Bluorg). La performance è studiata per omaggiare le vittime dell’immigrazione via mare: il Mar Mediterraneo che in passato ci ha arricchiti, promuovendo la transculturalità, adesso ci separa, come se avesse assorbito quei repellenti sentimenti umani, come l’odio e la xenofobia. Dietro il telo in lycra blu, si nasconde il performer, il quale diviene personificazione del mare affamato di vite; esso, protendendo le sue braccia ed il volto, tenterà di afferrare gli astanti, stringendoli in un angosciante ‘abbraccio’

Michele Franco – “Amaoff”

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Ama off, come amore spento, dove il vuoto lo senti dentro, dove il calore lo ricevi da un cartone che sembra capirti da quell’espressione. Lo sai di aver reso felice qualcuno, ma lui non può farci niente è solo un cartone e tu nessuno.
La poesia è la migliore descrizione che possa esserci. E il vuoto il vero protagonista dell’opera. L’idea nasce da una foto vera fatta per strada, una sorta di schiaffo che la vita ti offre. L’indifferenza di quest’uomo è importante quanto un cartone buttato via.

Francesco Albanese – “Posto Sicuro”


Il posto sicuro è per definizione un luogo dove sentirsi a riparo dai problemi, dalle cattiverie, dalle negatività generali. Nel nostro posto sicuro siamo liberi di svestirci dallo scudo sociale, dalle etichette, dalle maschere, e di essere noi stessi senza paura di una opposizione. “Posto sicuro” rappresenta la piena tranquillità nell’essere vulnerabili, nudi, nel sonno che rivela la verità di noi stessi, ma soprattutto rappresenta quanto poco basti per sentirsi in un posto sicuro.

Giuseppe di Pace – “Clemenza”


La virtù del perdono è un dono raro, con essa comprendiamo quello che siamo e quello che diverremo. Squarcia il tuo io e trovati, sarai indulgente o carnefice?

Arianna Ladogana – “Omino”


“Silenzio. La profonda bellezza del proprio mondo, lo scorrere del tempo, tra ombra e chiarore. Il pensiero e la consapevolezza dell’esistere in uno spazio nel quale poter esplorare me stesso.”

Daniela Vitelli – “36 weeks”


L’opera rappresenta un feto alle ultime settimane di gestazione. E’ stata concepita durante il lockdown. Rappresenta l’attesa e il desiderio di poter tornare a vivere ma anche la costante paura soprattutto per i più fragili e vulnerabili.

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